«E la religione?» intervenne Devlin.
«Direi che l'aspetto religioso potrebbe rientrare in una qualsiasi di queste tre categorie.» Notando il sorriso ironico che si andava formando sulle labbra del poliziotto, Greenspan alzò una mano. «La mia non vuole essere una critica alla religione,» spiegò. «Solo un commento a quello che può accadere quando i processi mentali di un individuo subiscono una grave alterazione.»
«Ma in questo caso, di quale tipo di alterazione stiamo parlando?» volle sapere Rolk, mentre rovistava tra una pila di messaggi telefonici di giornalisti e funzionari di dipartimento rimasti inevasi.
«Se è presente una componente rituale, allora con tutta probabilità abbiamo a che fare con uno psicopatico, un individuo che vive in un mondo per noi assolutamente incomprensibile e che ricava un piacere intensissimo e un altrettanto intenso senso del potere dalle cose che fa agli altri. Uno psicopatico può arrivare a credere di essere un semidio, o un inviato a cui Dio ha affidato l'incarico di giudicare il resto del mondo.»
«È possibile che un sacerdote, un pastore o un rabbino scivoli nella psicopatia?»
«È possibile, ma non probabile. Di solito un religioso che mostri segni da alterazione psichica viene individuato con relativa rapidità, tanta è la gente che ha sempre intorno.» Greenspan succhiò vigorosamente la pipa. «Come quel bastardo che c'era in Iran. Se c'era uno psicopatico al mondo, quello era lui.»
Rolk ignorò il pungente commento politico. «Quindi lei crede che il mio uomo sia uno psicopatico?»
«Direi che la ritengo l'ipotesi più probabile.»
«Se dovesse essercene un altro... un altro omicidio, intendo... vorrei che lei venisse a vedere il luogo del delitto. Si può fare?»
Greenspan aggrottò la fronte con aria vagamente disgustata. «Una delle ragioni per cui sono diventato uno strizzacervelli,» dichiarò, «è che odio la vista del sangue.» Poi scosse la testa e parve rassegnarsi. «Ma se può essere d'aiuto...»
«Credo di sì,» disse Rolk.
Il medico sospirò. «Cercate almeno di scoprire il cadavere a un'ora ragionevole.»
«Faremo del nostro meglio.»
Quando Greenspan si fu congedato, Rolk rimase seduto alla scrivania giocherellando distrattamente con una matita. «Allora, che cosa ne pensi?» chiese alla fine a Devlin.
«Non saprei. Mi ha colpito quello che ha detto sulle donne che di solito uccidono per ricavarne un utile. Ho subito pensato alla mostra e ai vantaggi che potrebbe ricavare da una certa pubblicità. D'altra parte, stando a quanto dice il dottore, in questo omicidio tutto farebbe pensare a uno psicopatico e a un uomo. E, sicuro come l'oro, è un assassino che ha tutti i crismi per diventare un caso da manuale.»
«Dunque tu credi che la chiave di tutto siano i musei e la mostra.» Rolk pronunciò quelle parole senza alcuna inflessione interrogativa.
«Non vedo come potrebbe essere diversamente,» replicò Devlin, passandosi una mano tra i capelli. «L'omicidio è stato commesso nelle vicinanze di entrambi i musei che, lavorando congiuntamente, hanno allestito una mostra sull'arte tolteca. E l'arma del delitto, anche se si tratta di una copia, è del tutto identica a quelle esposte.» La voce di Devlin si faceva più sicura a mano a mano che elencava i vari punti. «È il metodo usato per uccidere Mrs Gault è straordinariamente simile a un rituale religioso tolteco le cui caratteristiche sono conosciute da almeno sei persone legate tra di loro dalla mostra, comprese due - il sacerdote e Domingo - che vi hanno contribuito in prima persona e di recente.»
Rolk si era deciso a posare la matita. «E tutto questo che cosa ti dice?»
«Mi dice che siamo in un mare di guai,» borbottò Devlin. «Costretti come siamo a effettuare le nostre indagini nell'ambito di due dei più prestigiosi musei cittadini
e
della Chiesa cattolica, cosa che non mancherà di far infuriare gli alti vertici, giù in città.»
Rolk si strofinò il naso, reprimendo un sorrisetto. «Credo che questo non si potrà evitare. Qual è, secondo te, il prossimo passo?»
«La cosa migliore sarebbe passare al microscopio quelle sei persone e, se possibile, esercitare una sorveglianza discreta su almeno cinque di loro.»
«Perché solo cinque?»
«Quel tizio anziano che lavora al Metropolitan... Wilcox... non credo che abbia la forza fisica necessaria a commettere un omicidio come questo.»
«E se l'avesse aiutato qualcuno?»
«Giusto,» convenne Devlin. «Tutti e sei, allora. Sette, se vogliamo includere anche l'altro maya, Caliento.»
«D'accordo, allora. Affiderò a Peters la dottoressa Mallory, Sousi a Moriarty, a te il prete, mentre Lopez penserà a Wilcox e io alla Silverman. Quanto a Domingo e a Caliento, vanno benissimo gli uomini che li stanno sorvegliando al momento. Ci sarà da lavorare per qualche notte e al comando non saranno soddisfatti di tutti questi straordinari, ma non si azzarderanno a dire niente fino alla chiusura del caso.»
Devlin rideva. «Com'è che ti sei accaparrato l'unica indiziata carina del mazzo?»
Rolk lo fissò per un istante, poi piegò la testa di lato, come per riflettere sulla validità dell'osservazione. «In seguito ci scambieremo i sorvegliati. Ma, per il momento, della Silverman me ne occupo io perché sono il solo di cui possa fidarmi trattandosi di lei.»
L'ispettore James Dunne sedeva sul sedile posteriore dell'auto della polizia priva di contrassegni, il più lontano possibile dal vicecomandante Martin O'Rourke. A differenza di Dunne, solido e sottile, con lineamenti marcati e angolosi, O'Rourke era largo e in sovrappeso e il suo corpo flaccido aveva bisogno di ben più di mezzo sedile.
«Non capisco perché diavolo ci dobbiamo prendere la briga di andare
noi
nell'ufficio di Rolk,» brontolò O'Rourke, un'espressione petulante sulla faccia bolsa, arrossata dall'alcool. «Perché non dirgli semplicemente di alzare il culo e venire al quartier generale?»
«Non sarebbe venuto,» rispose Dunne, concentrato sul traffico lento della tarda mattinata. «Oh, avrebbe promesso di venire, poi ci avrebbe fatto sapere che era successo qualcosa e sarebbe scomparso per tutta la giornata. Gliel'ho già visto fare.»
«Quel bastardo polacco,» saltò su O'Rourke. «Ma chi si crede di essere?»
Sa benissimo chi è, ed è proprio questo il problema, pensò Dunne. «Ha sempre fatto così,» disse poi. «È un maledetto rompicoglioni che si diverte a scaraventare il regolamento fuori della finestra. Purtroppo, è maledettamente in gamba nel suo lavoro.»
«Nessuno è
tanto
in gamba,» ringhiò l'altro.
«I
suoi uomini son convinti del contrario. E gli coprono le spalle in qualunque modo. La stampa, poi, lo tratta come se fosse una specie di superpoliziotto.» Dunne si voltò a guardare il vicecomandante; gli sarebbe piaciuto che avesse più esperienza, che fosse in grado di capire le sottigliezze delle lotte intestine all'interno del dipartimento, che non fosse soltanto un altro politicante pronto a considerare quell'incarico come un modo per passare il tempo in attesa di un'offerta migliore. «Se gli facciamo troppe pressioni si opporrà, e noi saremo costretti a rinunciare o a sostituirlo. E se lo sostituiamo, la stampa ci bersaglierà di domande scomode.»
«E allora? Dobbiamo permettergli di fare a modo
suo
?»
O'Rourke scosse la testa. «No, se il sindaco deve poi ritrovarsi con un casino tra le mani, proprio no.»
«Naturalmente,» convenne Dunne. «Ma dobbiamo
manovrarlo
,
non spingerlo. Mi creda, è l'unico modo. Conosco quel figlio di puttana dai tempi dell'accademia e con lui le pressioni non servono.»
«Be', sarà bene che capisca in fretta che deve gestire questo caso secondo i desideri dell'amministrazione cittadina. Mi serve qualcuno che si prenda questa patata bollente e Rolk è la persona giusta. Non ho alcuna intenzione di spalare la merda di dosso al sindaco solo perché un tenente polacco vuol fare di testa sua.»
«Farà come vogliamo noi,» affermò di nuovo Dunne. «Solo, lasci che sia io a occuparmene. Gli starò alle calcagna e farò in modo di tenere bassi i livelli di tensione.» Guardò il compagno e sorrise. «Chissà, forse riuscirà a risolvere il caso prima che la situazione si faccia davvero tesa. E allora saremo a cavallo.»
«Meglio per lui che ci riesca,» bofonchiò O'Rourke. «Non voglio altre lamentele dal Metropolitan,
né
dall'arcidiocesi.
Soprattutto
da quella fottutissima arcidiocesi. Questo è proprio il tipico omicidio che fa ammattire la gente e quell'imbecille si mette a rompere le palle a persone che potrebbero far passare parecchi guai all'amministrazione cittadina. Ma che cosa diavolo ha nel cervello? Possibile che non si renda conto di quello che succede quando non si tratta nel modo giusto con certe persone?»
Dunne tornò a guardare fuori. È possibile che io debba ritrovarmi sul gobbo un politicante coglione che bisogna tenere per mano ogni volta che il sindaco si mette a urlare per evitare che se la faccia nei pantaloni? Serrò gli occhi. E perché il caso è stato affidato a Rolk? Perché hai fatto una stronzata, ecco perché. Avresti dovuto affidare a quel pidocchioso figlio di puttana qualche innocuo lavoretto da scrivania quando la situazione era ancora tranquilla. Dio, come lo disprezzava, pensò ancora. Non era altro che un rompiballe arrogante deciso a fare sempre a modo suo. Era sempre stato così, fin da quando aveva cominciato a usare il nome Stanislaus, tanto per mettere in chiaro che non voleva avere niente a che fare con le varie mafie italiane e irlandesi che controllavano il dipartimento. Tanto per mettere in chiaro che lui non aveva bisogno di baciare il culo a nessuno, anche se tutto il dipartimento si reggeva sulla politica dello «inchinati-al-più-forte-e-stai-pronto-ai-comandi».
Dunne riaprì gli occhi e guardò la gente che camminava sul marciapiede. Tirò un profondo sospiro. Che diavolo, questa volta Rolk avrebbe avuto la lezione che meritava. Quando tutto fosse finito... stavolta se ne sarebbe andato davvero. E piantar casino non gli sarebbe servito che a farsi spedire via ancor più in fretta.
Rolk e Devlin stavano ancora discutendo le varie strategie quando la porta dell'ufficio si aprì di colpo. Entrò prima l'ispettore James Dunne, seguito dal vicecomandante, Martin O'Rourke, due capintesta della mafia irlandese del dipartimento, pensò Rolk.
«Bene, bene, a quanto pare abbiamo una vera chicca tra le mani,» esordì Dunne, mentre lui e O'Rourke occupavano le due sedie ancora vuote. Devlin accennò ad alzarsi, ma un gesto di Rolk lo fermò. Dunne era il braccio destro del comandante, più politico che poliziotto, e quando lo incontrava preferiva che ci fosse sempre un testimone. Precauzione che quel giorno, data la presenza di O'Rourke, un politico a tutti gli effetti, gli parve persino più saggia.
«Ha tutte le caratteristiche dei casi più spiacevoli,» osservò poi.
O'Rourke si protese in avanti. «Ci stanno facendo un sacco di pressioni e la situazione non può che peggiorare.» Cercò inutilmente di ricambiare lo sguardo di Rolk e quella piccola sconfitta parve irritarlo e innervosirlo al tempo stesso. «Inoltre abbiamo ricevuto delle lamentele riguardanti i suoi metodi di indagine,» aggiunse con voce più dura.
«Da chi?» domandò Rolk, per quanto saperlo non gli interessasse poi granché.
«Dal Metropolitan, tanto per cominciare. E poi dall'arcidiocesi.»
«Senti, Stan,» interloquì frettolosamente Dunne, «non possiamo fare il gioco duro con quelli del Metropolitan e dell'arcidiocesi. Quei tipi stravaganti del museo non hanno la minima idea di che cosa significhino le indagini per un omicidio. E all'arcidiocesi non piace che tu ti metta a ficcare il naso in faccende che per loro sono importanti, come quella raccolta fondi pro profughi. Il loro problema sono le chiese vuote che devono essere riempite. Si tratta di affari, capisci.»
«Mi stai dicendo che non devo fare indagini su una comunità maya, quando si è verificato un omicidio rituale tipico della loro cultura?» Rolk parlò in tono pacato, ma dalla sua voce traspariva una sottile minaccia.
«Non può esserne certo,» intervenne O'Rourke.
«Lo sono abbastanza da poterlo affermare.» Rolk fece una pausa, poi: «Con lei, se non con la stampa.»
«Gesù Cristo...» cominciò il politico, ma ancora una volta Dunne lo interruppe.
«Nessuno ti sta dicendo di non controllare i sospetti, Stan.» Sorrideva, ma era un sorriso forzato, pensò Rolk. «Ma non è il caso di minacciare di arresto un sacerdote solo perché cerca di proteggere un paio di famiglie di
dagos.
»
Sollevò la mano in un plateale gesto di resa. «Senti, se l'assassino è uno di quei capelli-unti, sbattilo dentro. Ma vacci piano con i ragazzi con il colletto bianco. Non ti chiediamo altro. E naturalmente questo vale anche per quei pagliacci del museo.»
Un breve sorriso si dipinse sulle labbra di Rolk e subito svanì. «Al momento i miei maggiori sospetti si accentrano su tre persone che lavorano al Museo di Storia Naturale, un collaboratore del Metropolitan, due maya legati all'organizzazione di assistenza ai rifugiati,
e
un prete.»
«Ma Cristo santo! Mi sta dicendo che potrebbe essere stato un prete?»
Ancora una volta Dunne troncò a metà l'esplosione di O'Rourke. «Ascolta, Stan, nessuno ti vuole suggerire chi considerare sospetto e chi no. Ma pensaci bene: un sacerdote?»
Allora quietamente, con lentezza, Rolk snocciolò le circostanze che facevano del sacerdote cattolico un indiziato di spicco: la collaborazione ai musei, la sua opera di missionario nello Yucatán, dove apparentemente si erano verificati altri omicidi rituali, la collezione di armi che ne comprendeva anche di simili a quelle usate per l'assassinio, e la possibilità che avesse sofferto di un collasso nervoso durante la sua permanenza in Messico e che fosse stato richiamato a New York perché si rimettesse in salute.