WILLIAM HEFFERNAN
RITUAL
(Ritual, 1988)
Per Larry Freundlich, un uomo che sa tutto sui libri e ancora di più sull'amicizia. Grazie, Lorenzo.
Ringraziamenti
Vorrei esprimere la mia gratitudine a Maureen Baron e a Gloria Loomis, e soprattutto a Stacie Blake, che si consuma le dita fino all'osso sulla macchina per scrivere e rende magnifica la vita.
Prologo
9 novembre, 20.1
5
La voce era morbida e suadente e sgorgava sul pubblico così garbata da contraddire il messaggio che conteneva, come una ninnananna non ancora adattata alla melodia.
«Voglio che vi figuriate una cosa. Una cosa che metterà in discussione il vostro concetto di. giusto e sbagliato, la vostra divisione tra il bene e il male.
«Immaginate di trovarvi nella giungla di Quintana Roo più di settecento anni fa. Siete lì per assistere a un rituale tolteco che si tramanda da secoli, descritto da alcuni studiosi come un atto di barbarie e da altri come espressione di un grande amore trascendente. Una processione vi passa davanti. La bruma del primo mattino sale dal sottobosco della giungla, si coagula in un vapore denso che nasconde il sentiero lungo cui muove il corteo.
«In testa camminano tre sacerdoti con indosso identiche vesti piumate, e i colori iridescenti delle piume, rosso blu e verde, baluginano nella luminosità mattutina. Ogni sacerdote porta intorno al collo una maschera di pietra appesa a una cinghia di cuoio e alla cintura un lungo coltello dalla lama verde.
«Dietro di loro viene un quarto uomo con un semplice perizoma, che tiene alta sopra la testa un'ascia di bronzo decorato. E alle sue spalle una donna nuda con i polsi legati incede con passo orgoglioso tra due uomini che tengono le estremità della corda.
«Intorno a loro la giungla è silenziosa, uccelli e scimmie se ne stanno nascosti tra il fogliame verde scuro. Perfino l'aria è immota, pesante e afosa come sempre quando si prepara una tempesta.
«A mano a mano che la processione si avvicina a un'ampia radura si scorge una piramide di pietra. È alta circa sessanta metri e svetta sulla giungla che la circonda; tutt'intorno sono radunate centinaia di persone vestite con i loro abiti migliori che, all'arrivo dei sacerdoti, intonano una cantilena sommessa, ritmica e costante come il battito di un cuore umano.
«Lentamente, maestosamente, la processione si inerpica sulla piramide fino a raggiungerne la sommità piatta al centro della quale si erge un'unica pietra triangolare. Là i sacerdoti e l'uomo con l'ascia si collocano ai quattro punti cardinali, mentre gli altri due sollevano la donna e la tengono sospesa al di sopra dell'ara.
«Più in basso, il canto sale di intensità, ma s'interrompe bruscamente quando i sacerdoti si mettono sul viso le maschere di pietra e con lentezza estraggono dalla cintura i lunghi pugnali di ossidiana.
«È il momento. Ora verrà offerto il sacrificio, l'atto supremo che non ha in sé alcuna colpa ed esprime soltanto dignità e amore.»
9 novembre, 18.30
Quando Devlin entrò nel suo ufficio Rolk alzò appena gli occhi, poi riprese a esaminare le carte sparse davanti a lui. «Voglio che stanotte tu vada a prendere Lorenzo,» disse. «Trascinalo qui e incriminalo per l'omicidio della moglie. Porta con te Moriarty e Peters.»
«Tu non vieni?» domandò Devlin.
«No. Perché dovrei?»
«Sei stato tu ad aprire il caso. Pensavo che ti avrebbe fatto piacere esserci.»
«Ho altri progetti,» rispose Rolk. «Vado a una conferenza al Metropolitan.»
«Un'altra? E su quale argomento, questa volta?»
Rolk alzò gli occhi sul sogghigno del collega. «Sull'omicidio rituale tra i toltechi.» Lo fissò finché l'altro non abbassò lo sguardo. «Proprio così, un'altra conferenza sull'omicidio,» continuò allora appoggiandosi allo schienale della sedia. «Che cosa ti prende, hai paura di non sapertela cavare da solo con la pornostar?»
Il sogghigno di Devlin si allargò. «Credevo che avresti passato tu la notte con il nostro Stallone e che alla conferenza sarei andato io. Chi lo sa, potrei imparare qualcosa.»
Rolk s'impose di non ridere a sua volta. «Fa' come ti è stato detto. Imparerai qualcosa obbedendo, una volta tanto.»
«Credi che le prove che abbiamo contro Lorenzo siano sufficienti?» chiese Devlin.
Rolk si protese in avanti e appoggiò i gomiti sulla scrivania, incurvando le spalle. «Quel tipo è una stella pomo di prima grandezza con un precedente per spaccio di droga. Sua moglie viene da una famiglia molto simpatica e molto ricca che le dava tutto quello che voleva. Poi incontra Lorenzo e decide che quello che desidera davvero è farsi fondere il cervello e bucherellarsi le braccia con gli aghi. Non abbiamo poi bisogno di molto per sbattere in cella quel pagliaccio. Non avremmo neppure avuto un caso, se la famiglia della vittima non fosse stata ricca e importante. Se ne sarebbero occupati i poliziotti di zona, e avrebbero fatto quello che stiamo per fare noi, ma una settimana fa. Per di più, Lorenzo si procurerà un ottimo avvocato e l'assistente del procuratore distrettuale non starà certo a chiedersi se è colpevole o no. A lui interessa soltanto aggiungere un'altra condanna nel suo curriculum; Lorenzo si farà cinque anni di galera, poi uscirà e ricomincerà a togliersi le mutande davanti alle telecamere.» Rolk abbassò gli occhi sul piano della scrivania e riprese a rovistare fra le carte. «Sii realista. Lascia perdere innocenza e colpevolezza e chiudi questo maledetto caso. È per questo che siamo qui, no?»
9 novembre, 21.35
Cynthia Gault aveva la guancia premuta per terra, ma non sentiva né il freddo né il ruvido. Cercò di muoversi, ma non accadde nulla; era come se non avesse più né gambe né braccia, solo gli occhi funzionavano ancora. Si sforzò di parlare, ma dalle sue labbra sfuggì solo un ansito rauco.
Poi si sentì trascinare fuori del sentiero, sull'erba e in mezzo a rami bassi di sempreverdi che la colpirono agli occhi senza che lei avesse la forza di chiuderli. Quando la rovesciarono sulla schiena, un turbinio di foglie invase di colpo il suo campo visivo.
I
suoi occhi saettavano in tutte le direzioni alla ricerca di qualcosa che le facesse capire che cosa stesse accadendo. Qualcosa doveva esserle precipitato addosso, poi era stata trascinata al sicuro. Ma dov'era la persona che l'aveva portata fin lì e perché non riusciva a sentire niente?
Una sagoma torreggiò improvvisa su di lei e Cynthia sussultò, lottando per ritrovare l'uso della parola. Accanto alla sua testa venne posata una ventiquattrore da cui fu tolto un impermeabile di plastica. Tornò a guardare la figura che incombeva su di lei e rimase a osservare incredula l'indumento di plastica che con gesti lenti, quasi maestosi, veniva infilato sopra un soprabito scuro.
Di nuovo le mani sparirono all'interno della ventiquattrore e Cynthia le vide estrarre un lungo coltello dalla lama verde. Sembrava antico, come rubato su un set cinematografico, oppure... Per un attimo la sua mente si rifiutò di funzionare. Oppure da un museo. Boccheggiò, ancora cercando le parole che non volevano uscire. La figura si chinò su di lei, le sbottonò il cappotto, poi la camicetta. Terrorizzata, Cynthia guardò i vestiti che le venivano sfilati di dosso, ripiegati e ordinatamente posati accanto alla valigetta.
Era nuda ora, ma non avvertiva la morsa del freddo e con orrore crescente rimase a guardare, mentre una maschera di pietra copriva il viso della persona. Udì un suono lieve, come d'aria risucchiata tra i denti. Da dietro la maschera proveniva una specie di ronzio appena percettibile.
Lo sconosciuto le si mise a cavalcioni; adesso il suono sibilante si era fatto più forte e gli occhi dietro la maschera erano gentili e remoti, perfino la bocca curva in un sorriso cortese, quasi tenero. Una mano guantata sollevò il pugnale, poi lo calò lentamente. Lacrime rigavano il viso di Cynthia mentre lottava per urlare, per supplicare. Aveva la mente piena di parole, ma nessuna arrivava alle labbra.
«Tu sei solo il preludio,» bisbigliò una voce pacata.
Il pugnale si abbassò ancora di più e Cynthia Gault lo guardò entrare in lei con un rapido affondo. Un getto di liquido rosso brillante scaturì improvviso, imbrattando la figura che stava curva sopra di lei. Continuò a sgorgare e lei lo guardò, tentando disperatamente di comprendere che cosa stesse accadendo. La vista le si annebbiò, lentamente all'inizio, poi con maggiore rapidità, finché non rimase nulla se non un debole gorgoglio e il sibilo lontano di un respiro.
9 novembre, 19.45
Le limousine si allineavano lungo la Quinta Avenue simili a snelli, scattanti animali da preda, ciascuna in attesa di scaricare un'altra coppia elegante davanti all'ampia scalinata di pietra che conduceva al Metropolitan Museum. Di tanto in tanto un taxi irrompeva nella fila per depositare clienti altrettanto eleganti, poiché gli autisti, che già pensavano alla corsa successiva, ignoravano ostentatamente la formalità della coda.
Lungo la scala bene illuminata coppie il cui viso abbronzato parlava di ricchezza si attardavano a progettare future occasioni mondane, o a commentare l'insolita conferenza a cui avrebbero assistito. Sulle loro teste, un lungo striscione annunciava la mostra per cui la conferenza fungeva da presentazione:
Gli dei sorridenti del sacrificio umano.
9 novembre, 19.30
Le due donne si fronteggiavano con aria di sfida mentre lo sguardo incredulo e inquieto del sacerdote cattolico di mezza età si posava alternativamente sull'una e sull'altra.
«Stai trasformando questa mostra in un fiasco spettacolare.» Le labbra di Grace Mallory erano serrate in una linea dura, sottile, e a dispetto del tono contenuto della sua voce negli occhi le brillava la ferocia di una madre decisa a proteggere la propria creatura.
A quel rimprovero Kate Silverman si irrigidì. «Faccio quello che è meglio, Grace. Il pubblico farà la fila alla mostra.»
«E se così facendo il patrimonio culturale che abbiamo creato se ne va al diavolo, immagino che lo considererai un risultato accettabile, anche se non ottimale.»
Il sacerdote continuava a guardarle; il tono calmo della conversazione lo lasciava perplesso, contrasto con la combattività che leggeva nello sguardo delle due donne.
«L'aspetto culturale è importante per me quanto lo è per te, e lo sai,» reagì Kate. «Ma sfortunatamente bisogna tener conto delle necessità economiche e, se non riusciamo ad attirare la gente nel museo, finiremo disoccupate.»
Grace Mallory indirizzò alla collega più giovane un sorriso beffardo. «Immagino che sia per questo che hai voluto tenere questa assurda conferenza sull'omicidio rituale tra i toltechi e organizzare una raccolta di fondi per quel patetico programma di padre Lopato a favore dei poveri maya di Quintana Roo.»
«Proprio così,» assentì Kate, e per la prima volta nella sua voce ci fu una nota tagliente. «È questo il trucco per spillare quattrini alla gente importante. Offriamo loro due cose di cui hanno bisogno: entrano a contatto con una realtà bizzarra, perfino raccapricciante, senza rischiare niente e mettono mano al portafoglio per aiutare una minoranza oppressa e calpestata. Un modo come un altro per attenuare i sensi di colpa. E non importa se non conoscono la differenza tra un maya e un ubangi. Funziona lo stesso.»
Rendendosi conto che Grace Mallory stava per protestare, la fermò sollevando una mano. «E quando il
New York Times
di domani riferirà che erano presenti i Trumps e i Kissinger e i Rohatyn e il governatore e Dio sa chi altri, all'apertura della mostra ci sarà la coda qui davanti. Alla gente piace seguire le orme del denaro e del potere. Adora pensare di avere gli stessi interessi di quelli che stanno più in alto. E anche questo funziona.»
«Sul serio, Grace, da questa operazione sortirà un mondo di bene,» interloquì per la prima volta padre Lopato; ma parlava con voce debole e incerta. «Questa gente ha bisogno del nostro aiuto.»
«Oh, la pianti, padre,» scattò Grace, gli occhi fissi in quelli del religioso. «In realtà di quella gente non frega niente a nessuno; perché in caso contrario il denaro che lei ha raccolto verrebbe utilizzato per aiutarli lì dove si trovano. Davvero pensa di fare del bene strappandoli da un ambiente che, per quanto primitivo, è il loro, per trapiantarli in qualche casa popolare di Brooklyn e del Bronx? Sia onesto, almeno. Lei e i suoi superiori li volete
qui
perché vi aiutino a riempire le chiese vuote. E noi vi stiamo aiutando nella speranza di riempire i nostri musei che sono altrettanto vuoti.»
«Un atteggiamento molto cinico, il suo.» Ora padre Lopato sembrava in collera.
La risata di Grace Mallory fu aspra, dura. «In fatto di cinismo, padre, temo di non poter competere con voi due.»
«Forse hai ragione,» riconobbe Kate con calma. «Abbiamo allestito una grande mostra, frutto dello studio più accurato mai effettuato sui toltechi. Ti sono stati necessari trent'anni per arrivarci, per avere finalmente l'opportunità di ottenere il riconoscimento che meriti da tanto tempo. Ora io sono parte di questa opportunità e non voglio vedercela sfuggire dalle mani. Non voglio aspettare altri trent'anni per la
mia
occasione. Così, se è necessario un po' di spettacolo per far funzionare le cose, io ci sto.»